08 settembre 2014
Caricato l’ultimo ospite previsto (che era anche l’unico davvero previsto), e con la meteo che si è finalmente data una calmata, ripartiamo verso ovest sospinti dalle termiche, che in questa zona provengono dal primo quadrante, anche se poi sotto costa variano in base all’orografia sia per direzione che per intensità.
Non c’è una vera e propria destinazione, sarebbe bello arrivare a Capo San Vito, ma sono più di trenta miglia… Nei pressi di punta Raisi, dove si trova l’aeroporto intitolato a Falcone e Borsellino, non lontano da Capaci, il ventilatore si spegne. Urca, ora che non sono più solo devo concordare la prossime mosse con l’equipaggio (Eliano, un caro amico ex compagno di studi e di lavoro, come pure di veleggiate). Un tentativo di penetrare con la gentilezza nel porto di Terrasini abortisce per l’inflessibilità della locale autorità marittima, e l’ancoraggio fuori dal porto è valutato insicuro per i temporali visibili in lontananza, per cui proseguiamo verso il prossimo porto: molo di sopraflutto di 750 m, molo di sottoflutto di 400 m, 350 m di banchina fra i due moli, per un totale di ca. 12’000 m2 di specchio d’acqua, fondo sabbioso di 4-6 m, non insabbiato, insomma un bel porto, però… vuoto! Dentro, il nulla! Una cattedrale nel deserto. Lavori in corso neanche l’ombra. Corpi morti in banchina, qualche sparuta barca di pescatori, uno scivolo di alaggio, nient’altro. Incredibile.
Ci mettiamo all’ancora all’interno del porto, di fianco a una barchetta di pensionati francesi che vengono lì da dieci anni “ed era sempre così”, mangiamo un piatto di pasta e ci gustiamo il porto più tranquillo della zona.
Beh, se la barca è assicurata (verificare i termini…) sarebbe l’ideale per l’inverno!